Per diventare host basta poco: una casa sfitta e tanta voglia di mettersi in gioco

Per diventare host basta poco: una casa sfitta e tanta voglia di mettersi in gioco

3 Gennaio, 2019 0 Di Marcella Gaudina

Un importante evento dal respiro internazionale in città (Expo 2015), una seconda casa sfitta (da un anno ci eravamo trasferiti in una nuova abitazione di proprietà, ma a causa della crisi del mattone non eravamo riusciti a vendere “la vecchia” e al tempo stesso avevamo ritenuto strategico tenerla e continuare ad averne piena disponibilità al bisogno) e la dritta di un amico (“Mai sentito parlare di Airbnb? All’estero sono in tantissimi a usarlo per viaggiare”) hanno trasformato mio marito ed io in due perfetti host

Ricordo ancora i nostri primi ospiti: 2 ragazze e 3 ragazzi cinesi che, in Germania per motivi di studio, avevano deciso di visitare l’Italia, in occasione delle festività natalizie, con prima tappa proprio Milano. E tra le tante proposte che Airbnb gli aveva suggerito avevano scelto proprio il nostro appartamento, anche se all’epoca non avevamo nessuna recensione ancora da esibire a nostro favore.

Da allora le porte della nostra seconda casa (vedi foto) si sono aperte a 647 ospiti provenienti da 35 paesi. E se dalla prima prenotazione qualche mobile/soprammobile è stato sostituito (quante sedie e doghe rotte in 3 anni di attività!), altri se ne sono aggiunti o hanno travato una nuova sistemazione (il tutto al solo scopo di rendere la casa sempre più confortevole), il nostro entusiasmo da quel giorno non è mai cambiato. Come del resto anche la nostra disponibilità nei loro confronti, che, come dovrebbe essere per tutti, resta sempre massima.

In occasione di quel primo check-in ci fu chiesto inaspettatamente un trinciapollo, che subito gli procurammo correndo da una casa all’altra in men che non si dica (avere l’abitazione principale a poca distanza da quella che si affitta ai turisti è cosa buona, soprattutto in caso di imprevisti, di richieste dell’ultima ora o check-in/check-out ad orari proibitivi) per prendere quello da me ereditato dalla mia nonna paterna Angela (lei sì che di cucina se ne intendeva!).

Da quel lontano 31 dicembre 2014  il nostro modo di prenderci cura dei nostri ospiti, facendoli sentire sempre come a casa loro, non è per nulla cambiato, anzi.  Come quella volta in cui mio marito (e chiamalo scemo!) è corso in soccorso a una ragazza insaponata sotto la doccia perché non si ricordava da quale dei tre rubinetti far uscire l’acqua (a nulla sono valsi i vari messaggi e video scambiati su WhatsApp con le istruzioni per l’uso) o quella molto più recente in cui, in meno di 24 ore, abbiamo sostituito la lavatrice, che da un giorno all’altro, senza alcun preavviso, aveva deciso di smettere di funzionare, dopo ben 15 anni di onorato servizio.  

Questo perché a guidarci è la convinzione che ogni ospite è unico, oltre che un mondo a sé.  E che come tale merita di essere accolto in casa nostra con lo stesso entusiasmo e le stesse attenzioni che tre anni fa abbiamo riservato ai nostri ospiti “zero”,  con oggi però una certezza in più: quella di trovarsi di fronte due host con una certa esperienza maturata sul campo e certificata, in più di un’occasione, da Airbnb stesso (come dimostra la foto a lato) attribuendoci il titolo di Superhost!

Da qui l’idea di raccontare il nostro quotidiano di host,  mettendo la nostra esperienza al  servizio di chi come noi, per necessità o virtù, desidera lanciarsi in quest’avventura. Ma anche di essere d’aiuto a chi opta per questa modalità di soggiorno, per lasciare un bel ricordo di sé. 

Se siete pronti, si parte!